scusate la mia lunga assenza dal blog, ma sono concentrata sul nuovo romanzo. Ebbene sì, è
Per farmi perdonare questo lungo silenzio, vi propongo in super anteprima il primo capitolo.
Buona lettura! 😉
Pierre stava masticando il suo pan bagnant, un enorme panino dal diametro di venti centimetri pieno
di pomodoro, cipolla cruda, olive, insalata, tonno e acciughe. I gomiti sul
tavolino, la schiena protetta dagli spifferi con la sedia sistemata contro la
vetrata della boulangerie dove si era
appena servito. Nora, seduta alla sua destra, se ne stava ferma con il suo
solito pranzo tra le mani: il Parisien,
una mezza baguette con burro e prosciutto. La semplicità dei gusti di Nora non
era dovuta a una dieta prescritta da un medico, era più una dieta sentimentale.
Le pizze e le baguette farcite con pomodoro e mozzarella le mettevano
malinconia solo a guardarle, le ricordavano troppo l’Italia, il suo Paese
d’origine.
Dalla sua angolazione, Nora
riusciva a intravedere una parte della piccola piazza, e solo la base del
monumento al centro, dedicato a chissà chi. Qualche panchina sotto gli alberi
dal fogliame lievemente ingiallito, e sullo sfondo i tipici palazzi francesi
dal tetto d’ardesia, tanto da sogno fuori quanto da incubo dentro. Almeno era
così il palazzo in cui Nora si era trasferita. Aveva a disposizione un’unica
stanza che valeva come camera da letto, cucina e soggiorno. Il bagno era
strettissimo, con un concentrato di tubi in vista sulle pareti.
“Sono caratteristici, fanno
arredamento” le aveva detto l’agente immobiliare.
“Fanno schifo” aveva risposto
Nora senza mezzi termini, ottenendo così un piccolo sconto sull’affitto. Ciò
non l’aveva consolata dal dover guardare ogni giorno quei tubi che ancora
adesso le trasmettevano un senso di disordine, approssimazione e incuria che
non riusciva a sopportare.
Solo quando andò a viverci,
scoprì anche il pessimo isolamento acustico. Poteva sentire persino se i suoi
vicini aprivano un pacchetto di cracker, e la notte era come se russassero
accanto a lei nel suo letto.
«Cosa aspetti a mangiare? Non
abbiamo tutta la giornata.»
Nora guardò Pierre e annuì.
«Non che mi dispiaccia starmene
qui tranquillo con te, lo sai…»
«Lo so» rispose lei con un
sorriso, ma ancora una volta si bloccò prima di addentare il Parisien.
«Ehi, cosa hai puntato, Tigre?» le
chiese lui.
«Non trovi che sia bellissimo?» rispose
lei con un tono di voce caldo e lo sguardo trasognato.
Pierre tratteggiò nella sua mente
una linea che partiva dalle pupille di Nora e raggiungeva un giovane, il solito
pallido e magro spilungone, a suo giudizio. «Mmmh, puoi avere di meglio» disse
mosso da un pizzico di gelosia. Sapeva che Nora non lo avrebbe mai guardato in
quel modo, doveva farsene una ragione.
«Sto parlando del cane, non del
proprietario!» precisò subito lei.
Pierre abbassò la testa e rise
per l’imbarazzo, in fondo doveva aspettarselo. Lo spilungone portava a spasso
un pastore tedesco, o forse era più corretto dire che il pastore tedesco portava
a spasso lui, strattonandolo di qua e di là, ovunque avesse voglia di annusare.
«Un esemplare perfetto, peccato
che sia finito nelle mani di chi lo tratta come un cagnolino da salotto, da
portare a passeggio solo per i bisogni. Deve essere il suo primo cane. O la
prima volta che ha un pastore, un cane da lavoro. Addestrato come si deve,
avrebbe avuto un grande potenziale. Guarda come usa il suo tartufo, si sa,
hanno un buon olfatto, ma quell’esemplare lì è assolutamente portato per utilizzarlo
al meglio.»
«Lo vedi bene come cane antidroga?»
«Ah, quello sarebbe il suo campo!
Però non sottovaluterei di poterlo usare per la ricerca di persone. Andrebbe un
po’ temprato di carattere. È ancora giovane, non ha più di un anno, ci si può
lavorare. Vedi come si muove? Non ha ancora sicurezza, è un cucciolone… Ha
bisogno di maggiore attività fisica, potrebbe avere una muscolatura più possente.
E soprattutto gli servono stimoli mentali! La sua innata genialità non deve
essere sprecata. Che mantello folto e lucente! Secondo me l’ha preso perché era
un suo sogno da bambino e ha messo il pedigree in cornice.»
«Guardava Rintintin?»
«Io punterei più su Il Commissario Rex.»
«Mi stai dando del vecchio?»
«I tuoi figli non sanno nemmeno
chi è il Commissario Rex, se ti consola, loro fanno sentire me terribilmente
vecchia!»
«Sai, hai ragione! Mi sa che non
hanno mai visto Rex…»
«Forse è meglio così…»
«Era così brutto quel telefilm?»
«Ma no! Tutt’altro! Dovresti
farlo vedere ai tuoi figli. Anche se ci sono un po’ di cadaveri, scene di sesso
e psicopatici inquietanti…»
«Dovrei incoraggiarli a vedere
quella roba? No, senti, sono così contento di guardare i cartoni animati con
loro, più i cartoni sono stupidi e infantili più mi rilasso, e mi piace
tantissimo sentirli ridere…»
«Hai ragione. Per la cronaca,
quel mio “forse è meglio così” era rivolto al cane.»
Pierre alzò gli occhi al cielo.
«Ma come ho fatto a non capirlo?! Sono già due volte che faccio la stessa gaffe
in… cinque minuti?»
Nora tralasciò lo sfogo ironico
di Pierre e gli rivelò i suoi pensieri. «Come cane da salotto potrà vivere a
lungo e tranquillo. Potenziale sprecato, ma anche tanti problemi di salute in
meno dovuti all’allenamento, lo stress, l’affaticamento…»
Pierre, continuando a mangiare il
suo gustoso panino, ascoltava ammirato il lungo discorso della collega, pieno
di tecnicismi e passione. Era come seguire un documentario sui cani in tv.
Riusciva a visualizzare mentalmente tutto ciò che diceva. Nora, concentrata sulle sue
descrizioni cinofile, aveva ormai posato il suo pranzo su un paio di tovaglioli
di carta ben disposti sul tavolino, per poter aiutarsi con i gesti per essere
il più precisa possibile.
«Ora che c’è, Tigre?» disse Pierre
vedendola d’improvviso serissima e immobile.
«Il cane ha drizzato le orecchie,
deve aver notato qualcosa di anomalo… oh, cazzo!»
«Merda! Dei rapinatori!» esclamò
Pierre pulendosi subito le labbra con un tovagliolo. Si sentì scuotere da un’ansia
febbrile, si alzò di colpo e si precipitò più veloce che poté, con la pancia
che gli rimbalzava sulla cintura, verso l’auto parcheggiata di fronte, ad
appena due metri dalla boulangerie. Aprì lo sportello, si buttò con tutto il
suo peso sul sedile e chiamò subito i rinforzi.
Nora controllò la sua arma
d’ordinanza e corse verso il supermercato.
Pierre se la vide passare
davanti, come se il parabrezza dell’auto fosse il telone di un cinema. Non
poteva credere ai suoi occhi. Quell’attimo di incredulità lo fece urlare con
più ritardo del dovuto: «Nora! Dove vai? Fermati! Cazzo, torna qui!»
«Panda, tu resta lì! Credimi, è
giusto così» gridò lei in risposta.
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